Preghiera, digiuno, elemosina

Facciamo un piccolo percorso insieme, a partire dall’arte, ma non per interessarci di storia dell’arte, non con l’occhio del tecnico e dello studioso, ma da contemplativi che cercano attraverso cinque immagini scelte con sapienza, di meditare su questa parola, conversione, attraverso arte, sguardi e mani.

Facciamo un piccolo percorso insieme, a partire dall’arte, ma non per interessarci di storia dell’arte, non con l’occhio del tecnico e dello studioso, ma da contemplativi che cercano attraverso cinque immagini scelte con sapienza, di meditare su questa parola, conversione, attraverso arte, sguardi e mani.
 
Vedremo soprattutto come il gioco degli sguardi e dei contatti, in particolare delle mani, sia capace di comunicare qualcosa di grandioso su quella che è la parola che sta al cuore del vangelo: “Convertitevi”, e lo dice Gesù parlando all’inizio della sua missione.
 
Le immagini che sono state indicate, cinque opere di Michelangelo Merisi detto Caravaggio, sono in una successione logica, teologica e cronologica. Accidentalmente, non era scontato che avvenisse così, ma la prima è del 1598, la seconda del ‘99, la terza del ‘600, la quarta del 1601 e la quinta del 1602 o 3, non abbiamo una data esattissima, però è non prima del 1602 e non dopo il 1603. Quindi proprio sono in successione perfetta, nella storia personale di Caravaggio, questo uomo che era esattamente come dipingeva, cioè pieno di contrasti.
 
I chiaroscuri li aveva dentro, un uomo non senza fede, e non senza tormenti, non propriamente un buon animatore salesiano diremmo, conoscendo appena la sua biografia, e le sue avventure piuttosto agitate. Caravaggio quando si appassionava a qualcosa era grandioso, ma con la stessa veemenza si gettava nei giochi e perfino nelle risse fino a prendere a colpi di accetta gli eventuali dissenzienti che non erano tanto d’accordo con lui.
 
Quando si fermava a guardare quello che aveva dentro o quello che stata dispiegando sulle tele, era quasi capace di diventare una porta, un varco… e riuscire a dire delle cose, senza le parole, con il linguaggio delle immagini che ancora oggi toccano il nostro cuore.
 

 

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